OGGETTO: Sincera espressione.
No, non i messaggi pubblicitari che promuovono "Sereno ad ovest", non l'accattivante foto di copertina dai postumi colori, nemmeno la notizia del tour italiano assieme a Sting, a colpire nel segno, ad incuriosirmi
all'inverosimile, è la "genuinità" che intravedo come tinta unica di ogni
aspetto di questo nuovo album.
"Scopro" Fabi quasi per caso, leggendo un piccolo trafiletto di una rivista, poche parole risalenti alla sua filosofia e subito traspare che è sincera espressione di se stesso, come la voglia, a tratti unica, di mettersi in ballo componendo musiche, arrangiandole, per poi suonarle quasi da solo.
Fabi mette in gioco tutte le sue carte, che vinca o perda, il suo lavoro è pura espressione di se stesso. Mi piace la sua voglia creativa, libera dagli "artifici" dei "super professionisti" che si avvalgono di mille collaborazioni, salvo, poi, a dubitare sulla vera paternità della loro creazione.
Confesso che è la prima volta che ascolto Fabi, e la cosa che avverto maggiormente, come prima sensazione, è la sua capacità di diversificarsi dagli altri cantautori; è riconoscibile, tra i tanti, perché esprime una considerazione controcorrente - l'identificazione con la cultura occidentale - laddove le mode estemporanee hanno come punto di riferimento cardine l'Oriente e, inoltre, perché riesce ad ottiene una forte tipicità nella ricercatezza delle ambientazioni musicali, mai scontate ma profonde e penetranti.
In "sereno ad Ovest" intravedo una carica passionale "verbale" che non si esprime in scarni espedienti e facili mezzi di coinvolgimento, per altro fortemente inflazionati, ma con un fervore dialettico che diviene traccia
inequivocabile di un pensiero libero e spaziante.
Un ascolto, ancora "giovane", delle singole canzoni mi lascia due tracce su tutte:
"10 centimetri" emerge per la felice coniugazione tra sintesi della prosa e compiutezza formale della musica, dall'originale capacità evocativa. "Il mio stato", che suppongo sia stata "pensata" proprio per ultima, è totalmente affrancata da ogni "ansia da prestazione", li Fabi padroneggia ogni mezzo ed esprime con disinvoltura tutto il su mondo, fatto di atmosfere rarefatte, tipiche dell'iningabiabilità del pensiero, relazionato sul testo e sublimato dalla musica.
Credo che l'intero album, comunque, abbia un filo conduttore che lambisce ogni pezzo, una sorta di struttura a capitoli perfettamente indipendenti ma elazionabili, e anche una certa ridondanza del tema musicale, qui, quasi ossatura della capacità artistica di Fabi.
Termino con una considerazione rivolta personalmente all'autore: Sono sempre più convinto che quello che rende originale la musica non è l'estrema sofisticazione della ricerca sonora, semmai, ed è una mia personale idea, dalla potenza geniale della semplicità, qualora è mai ovvia e scontata.
A noi due, ora, passo all'ascolto...
Manilo
all'inverosimile, è la "genuinità" che intravedo come tinta unica di ogni
aspetto di questo nuovo album.
"Scopro" Fabi quasi per caso, leggendo un piccolo trafiletto di una rivista, poche parole risalenti alla sua filosofia e subito traspare che è sincera espressione di se stesso, come la voglia, a tratti unica, di mettersi in ballo componendo musiche, arrangiandole, per poi suonarle quasi da solo.
Fabi mette in gioco tutte le sue carte, che vinca o perda, il suo lavoro è pura espressione di se stesso. Mi piace la sua voglia creativa, libera dagli "artifici" dei "super professionisti" che si avvalgono di mille collaborazioni, salvo, poi, a dubitare sulla vera paternità della loro creazione.
Confesso che è la prima volta che ascolto Fabi, e la cosa che avverto maggiormente, come prima sensazione, è la sua capacità di diversificarsi dagli altri cantautori; è riconoscibile, tra i tanti, perché esprime una considerazione controcorrente - l'identificazione con la cultura occidentale - laddove le mode estemporanee hanno come punto di riferimento cardine l'Oriente e, inoltre, perché riesce ad ottiene una forte tipicità nella ricercatezza delle ambientazioni musicali, mai scontate ma profonde e penetranti.
In "sereno ad Ovest" intravedo una carica passionale "verbale" che non si esprime in scarni espedienti e facili mezzi di coinvolgimento, per altro fortemente inflazionati, ma con un fervore dialettico che diviene traccia
inequivocabile di un pensiero libero e spaziante.
Un ascolto, ancora "giovane", delle singole canzoni mi lascia due tracce su tutte:
"10 centimetri" emerge per la felice coniugazione tra sintesi della prosa e compiutezza formale della musica, dall'originale capacità evocativa. "Il mio stato", che suppongo sia stata "pensata" proprio per ultima, è totalmente affrancata da ogni "ansia da prestazione", li Fabi padroneggia ogni mezzo ed esprime con disinvoltura tutto il su mondo, fatto di atmosfere rarefatte, tipiche dell'iningabiabilità del pensiero, relazionato sul testo e sublimato dalla musica.
Credo che l'intero album, comunque, abbia un filo conduttore che lambisce ogni pezzo, una sorta di struttura a capitoli perfettamente indipendenti ma elazionabili, e anche una certa ridondanza del tema musicale, qui, quasi ossatura della capacità artistica di Fabi.
Termino con una considerazione rivolta personalmente all'autore: Sono sempre più convinto che quello che rende originale la musica non è l'estrema sofisticazione della ricerca sonora, semmai, ed è una mia personale idea, dalla potenza geniale della semplicità, qualora è mai ovvia e scontata.
A noi due, ora, passo all'ascolto...
Manilo
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