Wednesday, November 20, 2002

mercoledì 20 novembre 2002 22.38 – A: P.
Oggetto: Parole lievi.


Nelle ultime settimane mi sono fatto una cultura accellerata sui tumori, l'uomo è fatto così, mostra interesse verso un problema quando questo lo riguarda direttamente. In una certa misura, è una forma di auto-protezione, data la quantità di tensione necessaria a tenersi aggiornati sui tanti mali che possono incombere. Quello che in vece è sicuramente negativo è il black-out dei media, nel migliore dei casi, se non l'informazione volutamente forviante. E' per questo che non credo alle campagne pro-ricerca contro il cancro e alla passerella degli "scienziati" di turno. Non credo alla buona fede della cosiddetta medicina ufficiale, e me ne dispiace. Attorno all'affare chemio ruotano cifre, quindi soldoni, da capogiro e le solite case farmaceutiche non mostrano la minima intenzione di perdere il loro potere.

Prima di andare a Bologna, all'arcinoto Rizzoli, mi avevano consigliato Aviano, idea che pian piano è stata accantonata data la maggior esperienza, almeno teorica, del primo. Per quello che sono riuscito a sapere comunque ad aviano si interviene in senso classico, quindi chemio o radioterapia, e per me, come ho scritto, è un argomento chiuso. Sono stati troppi i giorni in cui sono stato male, in cui sentivo scivolarmi addosso la dignità di uomo. Non auguro a nessuno di scendere al di sotto della soglia della propria dignità, altrimenti, ed è la mia personale idea, non ha senso neanche vivere.
Cercherò nel mio piccolo, ma con tutte le mie forze, di sollevare l'argomento tumore contro la diffusa e solida coltre d'indifferenza. Lo farò ogni giorno e ogni momento, con le parole, scrivendo, sul blog e altrove. E' quasi una missione la mia, che prescinde dal mio stato. E' una mano tesa, che da senso alla vita.

Da qualche anno scrivo abitualmente, con qualche piccola stasi fisiologica e molta passione. Non scrivo per mestiere, ed il mio profilo personale e professionale niente avrebbe a che fare con le parole. L'esigenza di scrivere, perché per me è tale, nacque dall'intento di comunicare quel groviglio di sensazione e sentori sigillati nella mente. Il linguaggio parlato non offre tali possibilità, ci si ferma all'evidenza, agli aspetti più immediati e meno profondi. Internet e la tastiera, mi hanno aperto un sipario inimmaginabile, la possibilità di far vivere i pensieri attraverso le parole, verso persone veramente interessate al mio spirito prima che alla mia fisicità. Non credere, però, che per me sia facile scrivere, a volte è
come un parto lungo e laborioso. Sono un artigiano della parola, che lima e smussa frase dopo parola nell'intento di far vivere righe e periodi. Per me le parole hanno vita e dignità, risplendono di luce propria. Noi abbiamo il dovere di rispettarle e non violentarle. Vanno usate le parole, per esprimersi, per produrre suoni. Poi vanno riposte lievi, senza strafare.

A presto.

Manilo

Wednesday, September 18, 2002

(18 settembre 2002 - pubblicata it.arti.poesia)

RANGO

Un volo, ogni dì
scorgo e sorprendo
chino tra i miei pensieri,
furtivo e già vano
per non aver librato crespe l'ali.
L'orizzonte diniego
non certo lo slancio
e d'impeto mi vesto per sfuggire
al calcolo.
E' duro oggi lo
sguardo, e la nebbia
non fende al di la del rango.

Ombra

Friday, August 30, 2002

Ricordare, ricordare, è un po come morire...

Thursday, July 11, 2002

(Email dell'11 Luglio 2002)

TONFO

Non ricordo oramai, me ne scuso, e avrò a rimproverarmene per quei secoli intrisi di milioni di istanti che separano da me l'oblio; di tempo ne è trascorso, ma nella mente, e ogni attimo è il continuo tonfo d'un dire che tarda, come l'ombra, come tutto.

Ci fù un dì, ma ne interverranno mille a mutarlo, in cui sentii la pelle raggrinzirsi, trasformarsi e svecchiare, fu un giorno lento come mai più, perché altri giorni, uguali, non saranno più possibili.

Ricordo, il rintocco delle 17 e pochi spiccioli di minuti a venire, poi un tonfo, e la deflagrazione fu irreversibile. Era morto, annientato, Giovanni Falcone, e con lui, purtroppo, le sue idee, che idee non furono, ma semplici e sferzati sentimenti. Lì sono nato, e quell'etere rivendico, m'inchiodo al mio rovente davanzale e aspetto e rifletto.

Sono giorni, sono anni, ma cosa importa se il tempo è nozionismo dell'uomo e l'uomo, è risaputo, è evanescente come la rena dei mari. Dal torpore, è riemersa una coscienza, la mia; già questo è un segno...

Manilo Busalacchi

Thursday, May 30, 2002

30 Maggio 2002

Rango.

Un volo, ogni dì
scorgo e sorprendo
chino tra i miei pensieri,
furtivo e già vano
per non aver librato crespe l’ali.
L’orizzonte diniego
non certo lo slancio
e d’impeto mi vesto per sfuggire
al calcolo.
E’ duro oggi lo
sguardo, e la nebbia
non fende al di la del rango.

Manilo

Sunday, May 12, 2002

(Email a Diario del 12 Maggio 2002)

L'ora di Giovanni Falcone.

Vento. Un alito insistente che sinuoso s'infiltra in ogni dove. E' questo il ricordo, residuo vischioso e continuo logorio. Ero giovane e disincantato e d'un tratto, solo uno, mi sono ritrovato sbalzato e chino, ricurvo nella senilità delle ingenuità. Via Roma, a Palermo, è inesorabilmente uguale a se stessa da quei secoli che transitano per i costumi d'un popolo prime che dalla storia. Non fosse per quell'incedere stolto d'auto, motocicli e corriere stanche, che nel rombo testimoniano l'oggi, si potrebbe apporre l'eterna immagine dello stantio passeggiare di bottegai e casalinghe dalle mani gonfie di borsette ricolme d'ortaggi e d'altro discese dai mercati di Ballarò e della Vucciria, in se scenario, metafora ed emblema di una sicilianità vera.

Avevo appena svoltato, avevo apposto le spalle a quel palazzo delle ferrovie che da sempre è emblema di sogni in partenza e monito d'una realtà contorta che li vuole l'approdo stremato di ogni speranza. Non so perché ero li, ne mai più da li innanzi l'avrei immaginato, stavo semplicemente come mille altre volte, e per milioni d'altri, costeggiando la prima edicola che rasente la strada lambisce ogni passante. Ricordo una voce, ricordo una  radio, era una voce concitata che pressappoco recitava "attentato in autostrada, Falcone e i suoi sono rimasti vittime di un attentato".

Quell'aria, quell'alito tiepido, ma con la capacità di bruciar dentro, mi sospesero in un attimo che ancora dura e si rinnova. Sento ancora le ossa riseccarsi, la strada svanire, i ronzii alienarsi e i mie passi che vagano.

No, non capii subito cosa successe, non capii subito perché, non capii e basta, rifiutai, questo si, solo. Avete mai sentito una voce enunciare "messo in croce Gesù", no, non so chi mai l'ha sentito. Mi si consenta l'azzardo, quel giorno per il mio esile essere questo era successo. Falcone, Falcone, Falcone. L'emblema di una speranza, di una possibilità, di un sogno, ultimo e arduo vessillo prima della disfatta.

Ora, infatti, la disfatta; come mai avrei voluto accadesse, a cui mai avrei voluto sopravvivere per raccontarla. Ricordo, purtroppo,  voci di campo:  "se l'è cercata", o, in quella chiesa di pietra, l'omelia del cardinale: "mentre a Roma si parla Sagunto viene espugnata". No! Roma? Sagunto? Ma cosa dici, a "Roma" egregio cardinale c'eri anche tu, e impassibile discutevi e disertavi, ma nel tuo cuore non c'era "Sagunto", la nostra Palermo, no, e non c'è mai stata.

Un grido, un tentativo d'evasione, le voci, i politici, la gente, le televisioni e i giornali. So solo che oggi porto una traccia che è un solco nell'anima, e, che se solo un respiro mi rimarrà, lì abiterà Falcone perché in lui e con lui viveva Palermo.

Dopo dieci anni, dopo un secolo, ci si prepara a ricompiere l'eccidio, a dilaniare financo il ricordo che in tanti, come in me, è rimasto indelebile. Mafia e mafiosi affrancati, delitti ora quasi divenuti imprese, lo Stato pronto a trattare. I boia che Falcone inchiodò in cella pronti all'uscita perché sta per essere rinnegato è il principio più importante che egli stesso introdusse in materia dell'imputazione delle responsabilità: un mafioso deve essere giudicato in base ai reati diretti e indiretti, dato che ne era il mandante e dato che non poteva che essere consenziente.

Da domani se un boss non ha compiuto direttamente alcun omicidio, o se alcuna responsabilità diretta verrà accertata, avrà la stessa dignità di ogni altro libero cittadino. Che il delitto l'abbia ordinato, e che, insieme a tanti altri, ha tenuto in schiavitù un popolo non ha importanza.

Non ci sto, non posso starci, non posso essere complice dell'eccidio ricompiuto di Giovanni Falcone. Lotterò caro Paese, con l'arma del dialogo, dei sentimenti. Mi opporrò in ogni modo, e in ogni luogo e mai e poi mai farò terrorismo perché voglio,
cara cultura reietta, cara destra insulsa, caro Presidente del consiglio, guardarvi nelle glaciali facce, quando vorrò scatenarvi la forza della ragione, dei ricordi e del sangue che già è colato a fiumi. E noi, caro Paese degli uomini coscienti e di coscienza, facciamola finita con i tiepidi accenti e i toni da talk show.

E' l'ora di Giovanni Falcone, quel momento che nessuno potrà usurpare.

Manilo Busalacchi