Monday, February 17, 2003

Lunedì, 17 febbraio 2003 - A: <>

Forse è troppo verde in me il ricordo dell'isola, la mia, che lentamente svanisce oltre la foschia di un mattino. Nei giorni precedenti sentivo sulla mia pelle i brividi e l'ansia di una città che stava per svanirmi sotto gli occhi. Ero impotente, non sapevo cosa fare, riempivo da tempo le ore d'un vagare confuso, ho agito quindi d'istinto e sono fuggito. Mi sono lasciato alle spalle tutto, letteralmente, perché era l'unico modo per uscire da una situazione asfissiante che avrebbe fatto tabula rasa di me e della mia indole.

Amo Palermo, la terra in cui ho condotto tante battaglie e che mi ha macchiato indelebilmente con il sangue che a rivoli è sgorgato da quegli uomini, nostri simili, trucidati barbaramente da mafia e Stato. Amo quelle luci, sempre troppo tenui e gialle, e quell'atmosfera ironicamente rarefatta che solo al sud, dislocato nei sentimente più che nelle geografie, si può ritrovare.

Vivo come un vecchio nostalgico delle sue origini, ma con la vitrea consapevolezza di esserne distante, fisicamente e mentalmente. Non so se farei mai più ritorno nell'isola a tre punte, quando si parte è meglio non guardarsi mai più alle spalle. Sarebbe un dolore troppo grande e gratuito.

Il mio viaggio, però, sembra appena iniziato, perchè sono partito dalla Sicilia ma non sono mai approdato da nessuna parte. Lo sai, <>, non sento il Veneto come mio, come la mia nuova patria, e continuo a vagare come in un limbo eternamente sospeso.

Quanti giorni ho pianto da solo, senza che nessuno se ne fosse mai accorto, quante volte mi sono chiesto dove stava il senso delle cose e se ho diritto di fare del male agli altri, come è successo.

Lo ribadisco ancora, mi sento inadeguato, raramente trovo affinità in qualcosa. Forse vivo di illusioni, che è un gioco a rilancio la cui posta presto diviene inaccettabile.

Manilo