Oggetto: Naturali e nostri
Caro B.,
riprendo il tuo esempio del pendolo tra due estremi in quanto fortemente esplicativo.
All'interno di quel pendolo, e del suo moto, intravedo stilizzato il dilemma dell'uomo, l'oscillazione tra due condizioni, tanto opposte quanto, tra loro, riflesse e speculari. "To be or not to be" intonava Shakespeare nel vano tentativo di ottenere, dalla perpetua sinuosità del tormentone, la soluzione suprema dell'esistenza e il movente delle nostre movenze, il tentativo primo di fugare ogni dubbio.
Non sono così ingenuo, non più, da ritenere che ogni condizione sia riassumibile in due estremi, è un inganno, è il tentativo di ridurre a modelli matematici, quindi perfetti, ciò che perfetto non è, per natura e propensione.
Collochiamo ad un estremo il carattere dell'Uomo, nell'altro la personalità, e adorniamo lo spazio con le "maschere" possibili che tra essi intercorrono; ora lasciamo oscillare la sua propensione istantanea; lo scenario aperto è una continua commedia che lo costringe ad interpretare il "pupo" che si è creato e di cui la società muove le fila. Tuttavia c'è un momento, uno solo, una sorta di punto improprio, in cui le due dimensioni antitetiche e parallele si avvicinano, fino quasi a sfiorarsi, in cui il pendolo sfugge ad ogni controllo, sia fisico che metafisico, in cui siamo "naturali e nostri"; è il "sogno", dimensione illusoria ma tangibile, ultimo baluardo prima del nulla.
Credo che bisogna appiattire la nostra vita, affinché tutto non si appiattisca: Ha più possibilità di trovare stimoli ed entusiasmi l'ultimo dei reietti piuttosto che il più nobile dei principi; perché l'Uomo, per natura, non si accontenta; raggiunto il suo "castello" cade il mito, e la nuova meta diventa il cielo, finche raggiunto perde le sue tinte, e così via all'infinito.
Troverò pace, se mai la troverò, quando avrò veramente accettato la mia esigua dimensione e condizione umana; quando accennerò ad un tuffo verso l'infinitamente piccolo, specchio dell'immenso.
Manilo.
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