Thursday, April 13, 2000

giovedì 13 aprile 2000 22.53 - A baglioniml@egroups.com
Oggetto: Stereofonemi


Qualche anno fa, girovagando per le contorte vie del centro di Palermo, intravidi a distanza una parete piena di coloratissimi poster; attirato da quel turbinio di tinte, mi avvicinai, e, ricordo ancora come fosse ieri, rimasi di stucco. Ogni stampa era un concentrato di puntini, che, susseguendosi l’un l’altro, secondo un’apparente casualità, davano origine ad un tappeto sfavillante di sfumature. Guardai e riguardai, cambiai prospettiva, sbirciai l’autore, ed infine liquidai il tutto, secondo una consuetudine comune, con l’espressione: “bah, sarà l’ennesima opera folle dell’artista di turno”. La mia disordinata passeggiata continuava in altre direzioni, e, intercalata da numerosi flash back, si intingeva di scontri tra la mia istintiva propensione alla semplificazione e l’impavida esigenza di capire. Mi decisi; dissi ad un paio di amici che mi accompagnavano di attendere, tornai indietro, mi soffermai su quei graffiti inconsulti, ed infine chiesi: “coso sono?” a rispondere fu una voce sottile, apparentemente distratta: “autostereogrammi!”, chiusi lì la giornata, e nell’arco di due giorni ebbi accumulato tanti libri sull’argomento che mi ci vollero altrettanti giorni per capirne qualcosa.
L’autostereogramma è una composizione grafica, realizzata al computer, che lascia intravedere il reale soggetto solo dopo aver perso, ed infine trasposto, il nostro normale modo di focheggiare gli oggetti e di intendere le prospettive. Un’insensata serie sterminata di puntini colorati apre lo scenario ad immagini a più dimensioni dove si “vedono” figure assolutamente dinamiche, affascinanti e coinvolgenti.
L’ultimo album di Claudio mi sembra composto da autostereofonemi, e il primo impatto con tale musica è stato altrettanto difficile al pari di quel giorno di cui vi ho raccontato.
Nelle interviste precedenti all’uscita dell’album, Claudio ha accennato a questo “nuovo” modo di comporre ed arrangiare, in cui “la musica non dice, ma suggerisce”. Più linee melodiche, apparentemente indipendenti, dall’andamento orizzontale, che nell’istante creano accordi ben precisi, e riconducono alla tipica verticalità. Una musica che transita per più livelli comunicativi, che utilizza codici inconsueti, e che restituisce tutta la sua magnificenza tramite un ascolto nuovo, diverso nelle prospettive, e atipico, come il percorso verticale del nostro viaggiatore.
Ricordate “L’attimo fuggente”? Non ascoltiamo Claudio adagiati su di un banco, saliamoci sopra, liberiamo le nostre remore, e viaggiamo “rischiando”, solo così il viaggio sarà “vero”, reale o virtuale che sia.

ombra

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