Saturday, April 29, 2000

sabato 29 aprile 2000 17.54 - A: baglioniml@egroups.com
Oggetto: Cantautori e musica leggera, equazioni o algoritmi?


Storicamente la figura del cantautore nasce dall'esigenza, del mondo che gravida attorno alla musica leggera, di affrancarsi dall'immagine diffusa di surrogato e parassita rispetto alla musica colta.
Il cantante, tramite la personale realizzazione di tutti gli aspetti di una canzone, diventa autore di se stesso, introducendo composite variabili rispetto alla musica classica, in cui, abitualmente, la mente creatrice è scorporata dal braccio esecutore.
Il nuovo mezzo espressivo diviene, contemporaneamente, per alcuni aspetti più potente e per altri limitante.
Il cantautore immagina musica, testi ed esecuzione, in funzione di se stesso, vere e proprie pennellate sulle sue capacità, inclini all'ambito in cui vuol far "girare" il proprio prodotto/canzone; questo gli consente di dare il meglio, e di assumersi l'onere, nel bene e nel male, della riuscita finale.
Secondo l'attuale andamento culturale della nostra società, questa "genuinità" è un bene, ma visto secondo un'ottica più vasta è riducente: La musica classica, ragionando secondo modelli generici, è concepita da "professionisti assoluti", che consci delle proprie capacità, realizzano esclusivamente quello in cui sono specializzati; non compone pensando alle proprie caratteristiche esecutive, ma per chiunque, in una sorta di sfida, si voglia cimentare nell'interpretazione.
Sono tanti gli esempi di cantautori italiani, giusto per muoverci nel nostro ambito, che hanno fatto del limite fisico, che la natura gli ha imposto, una peculiarità tale che li ha proiettati alla ribalta. La musica leggera non ha l'ambizione di fare "arte pura", ma di comunicare con qualsiasi mezzo, anche il meno ortodosso. L'incipit diviene: "oltrepassare la barriera dell'indifferenza, solleticando e stimolando l'ascoltatore".
I cantautori, a volte inconsciamente, sono tra i più abili studiosi della scienza della comunicazione e, per ogni lavoro, utilizzano dei criteri selettivi paragonabili ad un'equazione (o come recentemente qualcuno ha detto: ad un algoritmo) laddove le variabili sono i gusti del pubblico e le mode, che fanno tendenza.
La cosa che da tempo mi chiedo è: che valore, in quell'equazione, daranno i cantautori alle costanti, e fino a che punto sono tali?
Penso che per esprimersi ogni mezzo sia lecito finché, però, non venga violata la barriera della "genuinità".
Personalmente non fisso come prerequisito dell'arte la caratteristica, se mai esiste, di essere "maggiore" o "minore", semmai di essere "vera" o "falsa"; se la canzone è risultante dal prevedibile grado di consenso del pubblico quanto è espressione, incontaminata e sincera, del cantautore?

ombra

(che nel fumo, citato da Giò, immerge i suoi pensieri)

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